La Macroregione Triveneta

1. Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia: una Macroregione per l’Europa

Mai come in questo momento di crisi e di vulnerabilità sociale ed economica l’Europa avrebbe bisogno di valorizzare le risorse di identità, di cultura e di tradizione dei suoi molteplici territori, così come i territori e i popoli che la compongono avrebbero bisogno di un’Europa politica più forte ed incisiva. Globalizzazione, sviluppo tecnologico e liberalizzazione dei mercati finanziari hanno fatto emergere i problemi causati da un’incontrollata finanziarizzazione dell’economia e da uno strapotere delle multinazionali in un contesto capitalistico guidato da obiettivi a breve termine. Spesso l’esaltazione delle virtù della globalizzazione e di quelle del localismo tendono a procedere di pari passo per cui in questi momenti decisivi vi è il rischio che la reazione localistica tenda a chiudersi e a non approfittare dei vantaggi che i vari territori hanno nel fare sistema soprattutto quando questi hanno stesse radici identitarie e culturali. Il superamento della crisi economica e istituzionale che l’Europa sta vivendo passa anche attraverso la valorizzazione delle specificità, dei territori che hanno radici ed identità culturali comuni. In questo contesto il Triveneto occupa nell’Europa centro-meridionale un’area strategica quale crocevia nord-sud, est-ovest e ponte verso l’Asia e l’Africa.

Il territorio infatti non è solo uno spazio fisico ma anche è anche uno spazio “relazionale” che risulta dalla fusione di tre elementi uno fisico e geografico, uno storico ed evolutivo ed uno immateriale costituito da conoscenza e capacità di scambio. Sono gli attori di un territorio, siano essi lavoratori, imprenditori, istituzioni ecc. che operano in quel contesto di relazioni definito “capitale sociale” ad avere un ruolo fondamentale nel trasformare uno spazio fisico in un territorio unico e specifico. E’ sulla capacità di rendere coese le forze locali facendo leva, da un lato su identità e senso di appartenenza e dall’altro sulla volontà di essere attrattivo nei confronti dell’esterno che si misura la progettualità di una classe politica, in una logica di competitività tra territori che ormai caratterizza l’Europa delle regioni.
L’unione delle tre regioni in un'unica regione come prevista dall’articolo 132 della Costituzione italiana, avrebbe due aspetti di grande rilievo:
  • uno esterno, ovvero di contributo allo sviluppo complessivo dell’Europa centro-meridionale;
  • uno interno, di una crescita più sostenibile sul piano sociale ed ambientale.


Sul piano internazionale o esterno, le tre regioni messe assieme acquisirebbero una capacità competitiva e attrattiva che va ben oltre la sommatoria delle componenti sociali di ciascuna ma conquisterebbe un valore che è multiplo di questo aggregato. Aumento della capacità attrattiva e della competitività territoriale non significherebbe però chiusura o venir meno al ruolo di grande responsabilità che questo territorio avrebbe nei confronti di tutto il sistema padano, alpino e dell’Alto Adriatico.

Questa responsabilità o consapevolezza del proprio ruolo del Triveneto deriva essenzialmente da tre fattori quello ambientale, quello infrastrutturale e quello culturale. Sul piano ambientale non va dimenticato che la montagna grande protagonista di questo aggregato di regioni è produttrice di importanti “beni pubblici” quali l’acqua e la salubrità dell’aria che come tali devono essere sottratti alle logiche del mercato e affidati alla mano pubblica.

Solo una grande capacità di sintesi politica può compenetrare l’asimmetria di interessi tra chi vorrebbe fare della montagna un grande parco naturale per usarlo consumisticamente e chi invece nella montagna vuole vivere e produrre per ottener livelli di benessere compatibili con quelli della pianura. Così pure solo una grande capacità di sintesi politica può conciliare le esigenze di vita e di relazioni del proprio territorio con le servitù di passaggio che i grandi assi infrastrutturali e logistici richiedono al territorio. Infatti la portualità dell’Alto Adriatico, unitamente agli assi infrastrutturali del nord-est necessitano di una governance in grado di conciliare aspetti locali ed esigenze di relazioni di respiro internazionale.

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